settimana corta

La settimana corta funziona davvero?

Non puoi fare un buon lavoro, se il tuo lavoro è tutto ciò che fai.

Una delle eredità che ci ha lasciato la pandemia di COVID-19 è un’accresciuta attenzione verso quello che viene chiamato work life balance. Da qui nasce l’idea di accorciare la settimana lavorativa, con la promessa di lavorare meno, lavorare meglio. Del resto, l’avanzamento tecnologico degli ultimi anni dovrebbe permetterci di fare più cose in meno tempo.

E infatti, il modello della settimana lavorativa di 4 giorni sta riscuotendo un crescente interesse a livello globale. Sono sempre più numerose le aziende che hanno deciso di adottarlo, con risultati che sembrano incoraggianti. Tuttavia il dibattito è ancora aperto: la settimana corta rappresenta davvero una possibile soluzione per incrementare l’efficienza, il benessere del personale e il bilanciamento tra vita professionale e privata? E soprattutto, è applicabile su larga scala?

I benefici della settimana corta

I sostenitori della settimana corta evidenziano diversi aspetti positivi. Primo fra tutti, il miglioramento del benessere dei lavoratori. Avere un giorno in più di riposo aiuta a ricaricare le batterie, riduce lo stress e migliora l’equilibrio vita-lavoro. E lavoratori più felici sono anche più motivati e produttivi.

C’è poi un vantaggio in termini di attrattività. Per molte persone, specialmente le nuove generazioni, il tempo libero è un fattore chiave nella scelta del lavoro. Offrire la settimana corta può essere un modo efficace per attrarre e trattenere i migliori talenti.

Inoltre, si riducono i costi per le aziende. Un giorno in meno di apertura significa meno spese per elettricità, riscaldamento, mensa ecc. Risparmi che possono essere reinvestiti o trasformati in aumenti salariali per i dipendenti.

Infine, non va sottovalutato l’impatto ambientale. Meno spostamenti casa-lavoro significano meno emissioni, meno traffico, aria più pulita. Una scelta in linea con obiettivi di sostenibilità sempre più urgenti.

Le sfide da affrontare

Naturalmente, non mancano le criticità. La principale è il timore di un calo di produttività. Lavorare un giorno in meno a parità di stipendio può essere visto come un lusso che non tutti i datori di lavoro possono permettersi.

C’è poi un problema di coordinamento per quei lavori che richiedono una presenza costante, come nei servizi o nel commercio. Organizzare i turni su 4 giorni potrebbe essere complicato e comportare costi aggiuntivi.

Un altro nodo è quello dei carichi di lavoro. Il rischio è che le ore di lavoro “perse” vengano semplicemente redistribuite sugli altri giorni, aumentando la pressione sui dipendenti anziché diminuirla.

Infine, vanno considerati gli effetti di sistema. Se poche aziende adottano la settimana corta, i benefici saranno limitati. Ma se lo facessero tutti, ci sarebbero ricadute su consumi, PIL, gettito fiscale. Un equilibrio non semplice da trovare.

La settimana corta nel mondo

Germania

A partire dal 1 febbraio, 45 aziende in Germania hanno iniziato a testare la settimana lavorativa di 4 giorni in un esperimento che durerà sei mesi in totale. L’iniziativa, che coinvolge solo le aziende il cui lavoro può essere adattato a una settimana lavorativa più breve, è guidata dalla società di consulenza aziendale berlinese Intraprenör insieme all’organizzazione no-profit 4 Day Week Global (4DWG).

La maggioranza dei lavoratori tedeschi (71%) vorrebbe avere l’opzione di una settimana lavorativa di quattro giorni, secondo un sondaggio Forsa. Oltre tre quarti degli intervistati e due terzi dei datori di lavoro sostengono l’esplorazione governativa di questa possibilità. Il 75% pensa che sarebbe positivo per i dipendenti, mentre il 59% crede sia realizzabile anche per le aziende. Quasi un datore di lavoro su due (46%) ritiene fattibile testare la settimana corta nella propria realtà. Resta da vedere se il governo tedesco deciderà di discutere, implementare o legiferare su questa misura a livello nazionale.

Portogallo

39 aziende private stanno partecipando a un progetto pilota finanziato dal governo in collaborazione con 4 Day Week Global, un gruppo no-profit. Le aziende seguiranno il “modello 100:80:100”: mantenendo il 100% della retribuzione e della produttività, ma lavorando solo l’80% del tempo. Secondo un rapporto delle Università di Londra e Reading che supervisionano il processo, il Portogallo ha la terza settimana lavorativa più lunga tra i paesi OCSE, con il 72% delle persone che lavora oltre 40 ore settimanali.

Regno Unito

In un programma pilota di sei mesi, oltre 60 aziende e 3.300 dipendenti hanno testato la settimana lavorativa di quattro giorni, seguendo il “modello 100:80:100”. Lo studio, gestito da università e gruppi di sostegno, mirava a valutare gli effetti su produttività, benessere, costi e parità di genere. Il 92% delle aziende ha deciso di rendere permanente la settimana corta dopo il successo della sperimentazione. 

Giappone

Karoshi è la parola giapponese che identifica la morte per superlavoro. Nel Paese del Sol levante è un problema serio, per questo alcune delle grandi aziende hanno deciso di sperimentare la settimana corta, sulla scia di un piano governativo che promuove un miglior equilibrio tra vita professionale e privata in tutto il Paese.

Nuova Zelanda

Unilever, gigante mondiale dei beni di consumo, sta sperimentando la settimana di quattro giorni in Nuova Zelanda: 81 dipendenti partecipano a un test di un anno, mantenendo lo stesso stipendio ma lavorando un giorno in meno. Il CEO, Nick Bangs, spiega: “Vogliamo valutare le persone in base ai risultati, non alle ore passate in ufficio. I vecchi modelli di lavoro sono superati e inadeguati”. Se la prova darà esiti positivi, Unilever potrebbe estenderla ad altre nazioni, aprendo la strada a un cambiamento epocale nell’organizzazione del lavoro su scala globale.

Stati Uniti e Canada

Un sondaggio di Qualtrics rivela che il 92% dei dipendenti USA è favorevole alla settimana di 4 giorni, anche a costo di giornate più lunghe. I vantaggi percepiti sono il miglioramento della salute mentale e l’aumento della produttività. Tre su quattro pensano di poter fare lo stesso lavoro in meno giorni, ma il 72% ammette che per riuscirci dovrebbe fare più ore.

Anche in Canada cresce l’interesse per nuovi modelli di orario. Secondo Indeed, il 41% dei datori di lavoro sta valutando formule ibride dopo la pandemia. Il 51% delle grandi aziende (oltre 500 dipendenti) e il 63% di quelle medie (100-500) si dicono propensi a testare la settimana corta. E per Maru Public Opinion, il 79% dei lavoratori full-time sarebbe disposto a rinunciare a un giorno.

E in Italia?

Luxottica, azienda leader nel settore dell’ottica, ha deciso di sperimentare la settimana lavorativa corta per i suoi dipendenti, con l’obiettivo di migliorare il benessere dei lavoratori e adattarsi ai cambiamenti della società. Il progetto, denominato “Time4you”, coinvolgerà circa 10.000 dipendenti in diversi stabilimenti italiani e durerà dal 1° aprile al 31 dicembre. I lavoratori avranno 20 venerdì liberi all’anno, di cui 15 a carico dell’azienda e 5 scalati dai permessi retribuiti. Al termine del periodo di test, verrà fatta una valutazione per capire come poi impostare la settimana corta in pianta stabile in azienda, riorganizzando il lavoro da gennaio 2025. 

Luxottica non è l’unica azienda italiana ad aver intrapreso questa strada: anche Lamborghini, Intesa Sanpaolo e Sace hanno adottato modelli simili, con l’obiettivo di migliorare la produttività e il benessere dei lavoratori. 

La sperimentazione di Sace, in particolare, sarà oggetto di studio da parte dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano per valutarne l’efficacia e l’impatto sull’organizzazione e sui dipendenti.

Conclusione

La settimana lavorativa di 4 giorni rappresenta un’idea promettente per migliorare il benessere dei lavoratori e la produttività delle aziende. Nonostante le sfide e i dubbi legittimi, la crescente attenzione e i dati positivi provenienti da diverse esperienze pilota suggeriscono che questo modello potrebbe ritagliarsi un ruolo importante nel futuro del lavoro.

Per le aziende che desiderano esplorare questa possibilità, è fondamentale procedere con cautela e attenzione, valutando attentamente il proprio contesto, coinvolgendo i dipendenti e pianificando la transizione in modo accurato.

Un futuro di lavoro più flessibile, equilibrato e incentrato sul benessere dei dipendenti è possibile. La settimana lavorativa di 4 giorni potrebbe essere un passo importante in questa direzione.

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