Ci sono due modi per essere ingannati: uno è credere in ciò che non è vero e l’altro è rifiutarsi di credere in ciò che è vero.
Søren Kierkegaard
Con autoinganno, secondo Treccani, si intende il “processo mentale per cui il soggetto inganna sé stesso senza rendersene conto, ignorando gli aspetti negativi della realtà e sostituendoli con altri positivi“.
L’autoinganno è un fenomeno che può colpire chiunque, anche i CEO di successo che hanno raggiunto le vette del business. Può sembrare strano che leader brillanti, razionali e perspicaci possano cadere vittime di questo fenomeno, ma la psicologia ci insegna che nessuno ne è immune.
Anche il CEO più competente porta con sé bias cognitivi e punti ciechi che possono distorcere la percezione della realtà. E questo è ancora più vero se il CEO in questione rifiuta di aggiornare le sue competenze e si aggrappa ostinatamente a metodologie ormai obsolete (a tal proposito, ti consiglio il mio articolo sull'”effetto Willy il Coyote”).
Quali sono i fattori che portano all'autoinganno?
I motivi psicologici alla base dell’autoinganno dei CEO sono molteplici e spesso correlati tra loro. Uno dei più comuni è l’overconfidence, ovvero l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità. Dopo una lunga scalata al successo, è naturale che un leader si senta onnipotente e abbia una percezione distorta dei rischi. Crede di poter plasmare la realtà secondo la sua visione, quando invece dovrebbe adattare la visione alla realtà.
Un altro fattore è l’ego smisurato. Essere ammirati e riveriti può far montare la testa e portare a sudditanza psicologica: nessuno mette in dubbio le decisioni del CEO, quindi deve per forza avere ragione. In questa comfort zone, non c’è spazio per critiche costruttive e si smarrisce il contatto con la realtà.
Anche l’isolamento gioca un ruolo chiave. Il CEO vive in una bolla, circondato da yes-men. Questa mancanza di prospettive diverse alimenta l’autoinganno perché viene meno un sano processo di revisione. Infatti, è stato dimostrato che i team più diversificati prendono decisioni migliori.
Infine, i CEO sono soggetti anche a distorsioni emotive. La paura di fallire può portarli a negare i problemi, mentre il successo può generare una falsa sicurezza. L’orgoglio impedisce di ammettere gli errori. Sono tutte trappole mentali che inducono all’autoinganno.
Come riconoscere un CEO vittima dell'autoinganno?
In psicologia, si parla di bias indicando delle distorsioni che le persone attuano nelle valutazioni di fatti e avvenimenti. Tali distorsioni spingono a ricreare una propria visione soggettiva che non corrisponde fedelmente alla realtà.
I CEO vittime dell’autoinganno si possono riconocere per aver sviluppato tre tipi di bias che influenzano negativamente la loro professione:
Il bias della sopravvivenza
Spesso gli imprenditori tendono a credere di essere bravi e capaci, perché sono riusciti a creare e mantenere la loro azienda in un mercato difficile. Tuttavia, non si rendono conto che spesso la loro sopravvivenza dipende da fattori esterni e contingenti. Infatti, si attribuiscono il merito di ogni successo e scaricano la colpa di ogni fallimento. Ciò significa che non ammettono i loro errori e non imparano dalle loro esperienze.
Il bias della conferma
Alcuni CEO tendono a cercare e interpretare le informazioni in modo da confermare le loro opinioni e le loro convinzioni. Quindi non si espongono a fonti diverse, critiche o contrastanti. Inoltre, non si aggiornano sulle novità del settore, sulle tendenze del mercato o sulle esigenze dei clienti e non si confrontano con colleghi, partner o concorrenti. Infine, non ascoltano i feedback dei loro dipendenti, dei loro fornitori o dei loro stakeholder.
Il bias dell’autorità
A volte, i CEO tendono a esercitare il loro potere in modo autoritario e arbitrario, senza tener conto delle regole, delle norme o delle buone pratiche. Perciò non delegano le decisioni, non coinvolgono i collaboratori, non valorizzano le competenze. Nelle situazioni peggiori, non rispettano i diritti, i bisogni e le aspettative dei loro dipendenti. Non si preoccupano della qualità, dell’efficienza e dell’innovazione dei loro prodotti o servizi (se non in modo superficiale, come ho scritto nell’articolo sull’Innovation Theater). E in definitiva, non si assumono la responsabilità delle conseguenze delle loro azioni.
Se il tuo CEO è così, dattela a gambe!
Essere un dipendente di una piccola o media impresa, consente di avere rapporti più assidui con i leader aziendali e quindi permette più facilmente di riconoscere i segnali dell’autoinganno.
Quindi, se ti sei accorto che il tuo capo vive in una bolla di illusione, che lo porta a negare o distorcere la realtà, a sopravvalutare le sue capacità e le sue performance, a ignorare o respingere le critiche e i suggerimenti, a non riconoscere i suoi errori e le sue responsabilità, posso consigliarti solo una cosa: vattene al più presto.
Ti semberà un giudizio troppo duro, ma purtroppo è realistico. Il tuo CEO non cambierà. Mai. Come diceva Tolstoj, “Tutti pensano di voler cambiare il mondo, ma nessuno pensa di cambiare se stesso”.
Il problema è che un CEO vittima dell’autoinganno è né più che meno un dinosauro in un mondo in cui piovono asteroidi. Un classico caso di studio è la caduta di Jeffrey Skilling, il CEO di Enron. Convinto del proprio talento e circondato da yes-men, rimase cieco di fronte ai buchi contabili creativi e portò l’azienda al collasso. La sua eccessiva sicurezza derivava anche dal successo passato. Skilling credeva nella sua infallibilità, rifiutandosi di vedere i segnali di allarme.
Quindi, ti esorto a prendere il tuo futuro nelle tue mani. Non sarà facile, ma sarà meglio che rimanere in un’azienda in cui l’innovazione è vista come un nemico invece che come un alleato.
E ora una selezione delle migliori fughe di qualcuno che di fughe se ne intende 😁.
Ti piace quello che scrivo?
Allora iscriviti alla mia newsletter settimanale e non te ne perderai uno!
Vedrai che non te ne pentirai.